1. Insegnare la disciplina: argina il caos e favorisci lo sviluppo del bambino
Da pedagogista ho sempre considerato l’educazione come elemento cruciale nella vita delle persone.
E guardo con ammirazione voi genitori che insegnate ai vostri figli ad imparare, li guidate e li conducete verso le migliori cifre intellettuali e morali. Un compito arduo, il vostro (e non è la prima volta che lo riconosco), di certo impegnativo e non sempre facile, soprattutto quando si tratta di insegnare la disciplina. Si fanno i conti con frustrazione e confusione di fronte ai comportamenti sbagliati dei nostri bambini, senza sapere bene come intervenire.
Per questo, approcciarsi correttamente alla disciplina può trasformare questi momenti di caos in preziose opportunità di apprendimento e di crescita, sia per i nostri figli che per noi genitori.
La Disciplina Positiva: Infografica
Disciplina come Dono d'Amore
Insegnamento e guida amorevole per la crescita
Sviluppo Cerebrale
Supporto alla maturazione neurologica
Connessione Emotiva
Sintonia e comprensione reciproca
2. La disciplina come dono d'amore
Spesso si associa questa parola ad una forma di punizione. Eppure, la disciplina va considerata come uno dei doni più amorevoli e fortificanti che possiamo fare ai nostri figli.
Mi ha colpito molto questa citazione deglі autori Danіel J. Sіegel e Tina Payne Bryson nel libro “la sfida della disciplina” che riassume in una sola frase il potere della disciplina:
“I nostri figli hanno bisogno di apprendere abilità come inibire gli impulsi, gestіre intensi sentimenti di rabbia e tenere conto dell’effetto del loro comportamento sugli altri. Sono, questi, aspetti fondamentali dell’esistenza e delle relazioni che і bambini hanno bisogno di acquisire, e se riusciremo ad aiutarli in questo compito, faremo un dono importante non solo ai nostri figli, ma all’intera famiglia e persino al resto del mondo.”
3. Ma qual è il vero significato della parola "disciplina"
“Disciplina”, dal latino discipŭlus, significa discepolo o allievo. E no, non ha nulla a che vedere con la punizione! Al contrario, disciplina è sinonimo di insegnamento, educazione e istruzione.
Nonostante ciò, il termine disciplina viene comunemente associato a castighі e punizioni. Ma proviamo ad andare oltre questa visione limitata e cerchiamo di abbracciare una prospettiva più ampia, in cui la disciplina diventa un’occasione per insegnare aі bambini il modo di comportarsi, relazionarsi con gli altri e superare le sfide della vita.
3.1 Il doppio fine della disciplina
Insegnare la disciplina ai nostri bambini ci consente di ottenere due risultati, uno nell’immediato e l’altro sul lungo periodo. Il primo agisce sulla promozione di comportamenti appropriati grazie a regole chiare e coerenti. Il secondo, ottenuto con un lavoro più strutturato nel tempo, consentirà al bambino di autoregolarsi, di relazionarsi in modo corretto con gli altri e di prendere decisioni sagge in autonomia.
Impartire la disciplina, quindi, non si limita esclusivamente a interrompere un comportamento sbagliato quando questo si verifica. L’effetto è assolutamente più esteso, più profondo, agisce sulla “costruzione di un cervello migliore“, favorendo la creazione di connessioni neurali che rafforzeranno le capacità del bambino di gestire emozioni, impulsi e relazioni per tutta la vita. Siate consapevoli di cos’è la disciplina ed impartitela con consapevolezza. Questa è la strada giusta.
4. RiPENSARE la disciplina
Ok! Adesso mi chiederete, come faccio per mettere in pratica questo approccio trasformativo? Ecco qualche suggerimento!
Innanzitutto, dovete (dovete!) ripensare il vostro modo di concepire e insegnare la disciplina. Basta reagire d’impulso sulla base di schemi precostituiti o dell’emotività del momento ad ogni comportamento scorretto del bambino. Impariamo a rispondere con intenzionalità, basandoci su principi chiari e coerenti. Vedete? Ancora una volta bisogna agire sui genitori prima ancora che sui figli. Pensateci…
4.1 Le tre "domande della disciplina": perché? cosa? come?
Un modo efficace per agire con maggiore consapevolezza è porsi tre semplici domande ogni volta che nostro figlio si comporta male:
Perché si è comportato così? Quando nostro figlio si comporta male, è facile etichettarlo come “monello” o pensare che lo faccia apposta per farci innervosire. Ma fermiamoci un attimo a riflettere: e se dietro a quei capricci si nascondesse qualcosa di più profondo? Magari sta cercando di dirci che ha bisogno di attenzioni, che si sente trascurato o che c’è qualcosa che lo turba. Insomma, sta provando a comunicare con noi, anche se non riesce a farlo nel modo giusto. Allora, invece di arrabbiarci, proviamo ad ascoltarlo attivamente: scopriremo un mondo tutto nuovo!
Cosa voglio insegnargli in questo momento? Ricordiamoci che l’obiettivo della disciplina non è punire, ma educare. Chiediamoci quali abilità o lezioni vorremmo trasmettere al bambino attraverso il nostro intervento.
Come posso insegnarglielo al meglio? Cari genitori, voi conoscete i vostri figli come nessun altro, e questo è un tesoro prezioso che vi guiderà nel vostro cammino educativo. Pensate a quanto è cresciuto il vostro piccolo, al suo carattere unico, ai suoi progressi. A volte basterà un dolce richiamo per ricordare le regole, altre volte servirà una chiacchierata a cuore aperto per aiutarlo a capire gli effetti delle sue scelte.
Fermiamoci un attimo a riflettere: così facendo, spegneremo il “pilota automatico” e prenderemo in mano il timone della nostra nave educativa. Ricordate, non esistono ricette perfette, ma l’amore e l’attenzione sono sempre gli ingredienti principali.
4.2 Non volere o non potere? Non esiste una disciplina "a taglia unica"
Molti genitori cadono in un tranello: pensare che i figli si comportino male apposta, quando in realtà spesso non possono farci nulla. Il motivo? Il loro cervello è ancora in fase di sviluppo e le situazioni che vivono li mettono alla prova. Come ci ricordano Siegel e Bryson, “Tendiamo a vedere i nostri figli come capricciosi, ma la verità è che stanno solo lottando con ostacoli che, in quel momento, sono troppo grandi per loro.” È una lezione preziosa che, come genitori, dovremmo tenere sempre a mente.
Capire se un bambino “non vuole” o “non può” comportarsi bene è fondamentale. Ci aiuta a essere più pazienti e a non pretendere l’impossibile. Ogni bimbo è unico, con i suoi tempi e le sue sfide. Non esiste una bacchetta magica della disciplina che funzioni sempre e con tutti. L’importante è osservare, comprendere e adattarsi alle esigenze del proprio figlio con amore e flessibilità. Piuttosto, dobbiamo imparare ad adattare il nostro approccio alle caratteristiche uniche di ogni figlio e di ogni circostanza.
4.3 Le sculacciate e il cervello
Al di là delle implicazioni penali (art. 572 c.p. maltrattamenti in famiglia), utilizzare la violenza è, senza alcuna riserva, sempre e comunque, inefficace ai fini educativi!
Nello specifico, tra le pratiche disciplinari più discusse ci sono senza dubbio le punizioni fisiche come le sculacciate. A volte, presi dalla frustrazione del momento, può venirci voglia di ricorrere alle maniere forti, pensando che siano l’unico modo per far rigare dritto i nostri figli. Ma attenzione: sappiate che gli effetti di questo tipo di “rimedi” sui bambini sono estremamente rischiosi, anche se pensate siano a fin di bene e, ribadisco, non c’è da aspettarsi nulla di buono se non una reazione di paralisi dovuta alla paura di subire violenze e niente di più.
Insomma, le sculacciate possono sembrare una soluzione rapida, ma a lungo andare si rivelano estremamente dannose. Non solo non servono a cambiare davvero il comportamento dei bambini, ma possono anche avere ripercussioni negative sul loro sviluppo cerebrale ed emotivo. Pensateci: con il dolore e la paura, stiamo stimolando le parti più primitive del loro cervello, invece di aiutarli a potenziare quelle più evolute, che servono per l’autocontrollo e le relazioni. In più, gli stiamo passando il messaggio sbagliato che la violenza sia accettabile per risolvere i problemi e stiamo incrinando il rapporto di fiducia con noi genitori.
5. E il famoso "time-out", la pausa di riflessione?
Molti di noi, giustamente, rifiutano le punizioni fisiche, ma poi finiscono per usare l’isolamento come strategia disciplinare principale. Attenzione però…
Funziona davvero? Nella maggior parte dei casi, no.
Sai, il time-out è una di quelle cose che a volte usiamo senza pensarci troppo, magari perché siamo esasperati o perché ci sembra l’unica soluzione. Però, se ci riflettiamo, spesso finisce per essere più una punizione che un vero aiuto per il bambino. Invece di insegnargli qualcosa, rischiamo di fargli sentire che lo stiamo rifiutando proprio quando avrebbe più bisogno di noi.
Forse, invece di lasciarlo solo a “riflettere” (che poi, diciamocelo, quanti di noi da piccoli hanno davvero riflettuto durante un time-out?), potremmo provare a stargli vicino, aiutandolo a calmarsi e poi coinvolgendolo nella ricerca di soluzioni. Così gli mostriamo che anche quando sbaglia, noi ci siamo e che insieme possiamo affrontare i problemi in modo costruttivo.
Insomma, quando si tratta di disciplina, forse dovremmo chiederci: qual è il nostro vero obiettivo? Punire o educare? Io credo che se partiamo da questa domanda, possiamo trovare modi più efficaci e consapevoli per guidare i nostri bambini. Che ne dite, mamme e papà? Qual è la vostra “filosofia educativa”? Voglio solo ottenere obbedienza immediata o anche insegnare abilità durevoli?
Il mio approccio attuale funziona? Sto ottenendo i risultati desiderati, sia a breve che a lungo termine?
Sono soddisfatto del modo in cui gestisco la disciplina? Mi capita di pensare che ci siano modi migliori di agire?
Che effetto ha il mio approccio sul rapporto con mio figlio? Lo aiuta a sentirsi amato e rispettato anche quando sbaglia?
Sto trasmettendo i messaggi e i valori che desidero, con le mie parole e azioni?
Porsi queste domande con onestà può aiutarci a prendere coscienza di eventuali automatismi o incoerenze nel nostro stile disciplinare e a individuare aree di miglioramento, per agire in modo più intenzionale e allineato con i nostri valori profondi.
6. La disciplina e il cervello
Per capire come intervenire in modo efficace nei momenti disciplinari, è fondamentale conoscere alcune nozioni di base sul funzionamento del cervello. In particolare, ci sono tre scoperte chiave che possono guidarci nell’adozione di un approccio “a bassa conflittualità e alto contenuto relazionale”.
6.1 Le tre C del cervello (cit. Siegel e Bryson)
Il cervello del bambino è un “cantiere aperto“, come simpaticamente ricostruito anche in Inside Out 2. Ci sono aree ancora immature che si sviluppano progressivamente. In particolare, le regioni superiori deputate alle funzioni più evolute (come l’autocontrollo e l’empatia) impiegano anni a maturare.
Ma cosa influenza questo processo di maturazione? Le esperienze! Le esperienze ripetute creano e rinforzano connessioni tra i neuroni, “cablando” il cervello. Quindi il modo in cui agiamo con i nostri figli può letteralmente plasmare la loro mente mentre essa si sta sviluppando.
Il cervello è plastico, ma che significa? Significa che può sempre formare nuovi collegamenti e cambiare quelli che già esistono quando viviamo esperienze importanti. Questo ci dice che non è mai troppo tardi per dare una mano ai nostri figli nel loro percorso di crescita!
Pensate al cervello come a una casa con due piani. Il piano terra rappresenta le funzioni di base, mentre quello superiore gestisce i processi più complessi. È un po’ come se іl cervello lavorasse sia dal basso verso l’alto che dall’alto verso il basso, іn un continuo scambio tra i due livelli.
Il “piano di sotto“, che comprende le aree più antiche e primitive (come il tronco encefalico e il sistema limbico), è la sede delle funzioni di base come la respirazione, le pulsioni istintive e le emozioni intense. È già ben sviluppato alla nascita e il suo motto è “Fuocoooooo!“.
Il “piano di sopra“, la nostra corteccia cerebrale, è un po’ come il saggio di famiglia. È lui che ci aiuta a ragionare in modo lucido, a metterci nei panni degli altri e a prendere decisioni oculate. Questo piano si costruisce un mattoncino alla volta, con calma e pazienza, e il suo motto potrebbe essere “Con calma, rifletti e decidi il da farsi“.
Quando vediamo un bimbo in preda a una crisi, è come se al piano di sotto ci fosse una festa scatenata che non lascia dormire il saggio del piano di sopra, ancora un po’ assonnato perché non abituato a quei ritmi o perché non ancora sviluppato. In quei momenti, il nostro compito è quello di aiutare il piccolo a ritrovare la tranquillità. Solo così potrà riprendere le redini della situazione, ascoltare, riflettere e trovare insieme a noi una soluzione.
6.2
L’obiettivo a lungo termine dovrebbe essere promuovere una sana integrazione tra le diverse parti del cervello, in modo che possano comunicare e collaborare in modo armonioso ed efficace. Ma “…integrare non significa eliminare le emozioni o gli impulsi, ma permettere al cervello superiore di modulare quello inferiore, affinché la risposta sia flessibile e adeguata al contesto. Un cervello ben integrato è la base per relazioni sane, apprendimento efficace e comportamento responsabile.“
Quindi, più che reprimere le emozioni “negative” del bambino, dovremmo aiutarlo a riconoscerle, esprimerle e regolarle іn modo adeguato, favorendo lo sviluppo dі quelle abilità di autoregolazione che gli serviranno per tutta la vita. E il modo migliore per farlo è creare un legame di profonda connessione emotiva con il bambino.
7. Dai capricci alla calma: l'elemento chiave è la sintonia
Quando un bambino va in crisi, l’obiettivo principale dovrebbe essere aiutarlo a ritrovare la calma, entrando emotivamente in sintonia con lui. Solo dopo aver ristabilito la connessione, potremo reincanalare il suo comportamento in modo efficace.
7.1 L'importanza della connessione emotiva
Nei momenti di grande agitazione, il bambino ha soprattutto bisogno di sentire la nostra presenza affettuosa e rassicurante. Urlando contro di lui o mandandolo in punizione, rischiamo solo di aumentare il suo senso di isolamento e il caos emotivo.
Immagina di essere quel genitore che si avvicina dolcemente al proprio bambino in difficoltà. Ti inginocchi accanto a lui e, occhi negli occhi, con voce calma e amorevole gli dici: “Sono qui con te, tesoro. Capisco che in questo momento ti senti arrabbiato/triste/spaventato. È normale provare emozioni forti a volte. Respiriamo insieme piano piano e parliamone, va bene?“. Lo abbracci delicatamente e senti il suo corpicino rilassarsi poco a poco tra le tue braccia.
Come dice il dottor Siegel, in quel momento diventi per lui un porto sicuro, un faro nella tempesta delle sue emozioni. Con la tua presenza amorevole e rassicurante, lo aiuti a ritrovare la calma e l’equilibrio, un passo alla volta.
7.2 Dire di no al comportamento, di sì al bambino
Dire di no al comportamento, di sì al bambino
Entrare in sintonia non significa approvare o assecondare il comportamento sbagliato. Anzi, limiti chiari e coerenti sono fondamentali per la crescita. Ma possiamo stabilirli con rispetto ed empatia, facendo capire al bambino che lo amiamo sempre, anche quando non ci piace come si comporta. Il messaggio da trasmettere è: “Non mi sta bene che tu faccia questo, ma il mio amore per te non cambia. Sono qui per aiutarti a gestire questa situazione in modo diverso.” Così facendo, rafforziamo il legame col bambino invece di incrinarlo con punizioni o rifiuto.
Entrare in sintonia per ristabilire la connessione
Vediamo allora come una mamma potrebbe affrontare la crisi della figlia o del figlio, mettendo in pratica questi principi:
- Avvicinarsi e parlare con calma, a livello degli occhi del bambino;
- Riconoscere e accogliere le sue emozioni: “Capisco che sei delusa e arrabbiata. È frustrante quando le cose non vanno come vorremmo.”;
- Offrire conforto fisico se il bambino lo accetta, per esempio un abbraccio;
- Aspettare che si calmi un po’, continuando a rassicurarlo sulla nostra presenza;
- Spiegare con parole semplici il motivo della nostra decisione;
- Coinvolgerlo nella ricerca di soluzioni: “Cosa possiamo fare perché tu ti senta meglio? Hai qualche idea?”.
Così facendo, il genitore aiuta suo/a figlio/a a ritrovare l’equilibrio, rafforzando allo stesso tempo il loro legame. Solo a quel punto potrà guidarlo verso modi più appropriati per esprimere la sua frustrazione in futuro. L’obiettivo è insegnare, non punire, partendo sempre dalla connessione emotiva.
Nei momenti di crisi l’elemento chiave è entrare in sintonia col bambino, accogliendo i suoi sentimenti e bisogni profondi. Ristabilire la connessione è il primo passo per una disciplina efficace, che favorisca non solo la collaborazione immediata ma anche lo sviluppo di importanti abilità emotive e relazionali.